Wawa
di Danilo Polo, sede di Ibarra
Vita.
La apprezzo tutti i giorni, sempre di più; riesco a percepirne l’essenza, il profumo, il privilegio. Sono sulla cima, e voglio godermela il più possibile.
Sorte.
La dea bendata che ha permesso che tutto andasse in questa direzione, che mi ha concesso tutta la fortuna di questo mondo, che mi concede di vivere quest’esperienza al suo massimo.
Bambini.
Alejo, Israel, Jhon, Valeria, Estela, Andrés, Dylan, Emily, Scarlet, Jostin, David. Ma anche tutti gli altri.
Così affettuosi e scontrosi, così tranquilli e scatenati, così pieni di gioia e dolore. La vostra semplicità ci ha fatto avvicinare, la vostra complessità mi ha fatto innamorare.
Emozioni.
Alcune mai provate, altre ritrovate. Una stretta di mano, un sorriso, un abbraccio. Complicità. Cose preziose.
Compagni.
Di lavoro, di avventura, di viaggio. Senza cui mancherebbe una parte fondamentale di questo servizio civile. Condivisione, discussioni, litigi, abbracci, incomprensioni. Fa tutto parte del pacchetto.
Ibarra.
La ciudad blanca. Le montagne attorno che fanno da contorno. La tranquillità che regna sovrana. Primavera eterna. Tutto ciò che manca a Milano, ed è perfetto così.
Cambiamento.
Mai percepito in maniera così intensa, mai così variopinto e frequente come nei mesi appena passati.
Ma cosa è realmente cambiato?
Anche prima ero sempre io, consapevole di ciò che sono. Com’è che ora tutto appare in continuo mutamento? Sto scoprendo qualcosa di me che non sapevo? O forse già lo sapevo e l’avevo messo in pausa? Sono sulla strada giusta?
Non ho una risposta definitiva, forse non c’è. Ma mai come ora mi sono sentito così bene.