Salviamo il Páramo!
di Andrea Baratelli
A Guaranda lo scorrere del tempo deve per forza seguire dei principi a me sconosciuti: non si sa come ma i giorni volano e ogni settimana è già venerdì.
Io e Edison, il nostro coordinatore, tuttavia dobbiamo portare a termine un’ultima missione, forse la più complicata a dir suo. L’obiettivo è “convertire i ribelli della comunità di Laihua”. Nulla di religioso, ma sembra che la gente di questa comunità non abbia nessuna intenzione di scendere a compromessi con il FEPP per quello che riguarda la conservazione del Páramo, un ecosistema montano di grande importanza ecologica. Spesso in questi mesi ho sentito parlare di loro come persone diffidenti e testarde. Finalmente oggi avrò l’occasione di conoscerli e studiarli da vicino.
Come al solito il cammino per raggiungere una delle comunità di Simiatug è lungo e impegnativo, tra strade dissestate, indigeni autostoppisti, cani con intenzioni suicide e il muro di nebbia sempre pronto a coglierti di sorpresa. A oltre 3.500 m di altitudine giungiamo finalmente alla comunità dei ribelli, parcheggio la macchina e mi accingo a scendere. Edison mi blocca dicendomi di parcheggiarla con il muso rivolto verso la strada in modo da essere lesti a partire nel caso succedesse qualcosa di spiacevole. Sposto la macchina con molta perplessità e ci dirigiamo a piedi attraverso il pequeño pueblo, verso la casa comunale di riunioni.
Dentro la sala tetra e umida ci sono almeno sessanta indigeni stipati sulle panche che ci aspettano con fare un po’ sospettoso. Bisogna dire che a prima impressione molte persone indigene qui lo sembrano un po’ . Subito mi scende un brivido lungo la schiena appena sento una signora incappucciata nascosta nell’angolo tossire con insistenza. Da quando ho scoperto che in alcune comunità di Simiatug la tubercolosi colpisce ancora, sono molto circospetto. Speriamo che Laihua non sia una di quelle comunità.
Edison incomincia a stringere la mano a ogni singola persona presente nella stanza. Uno dei tanti convenevoli a cui si è costretti a sottostare. E’ giunto il momento dell’appello, uno dei momenti più singolari di queste riunioni, sembra quasi di essere tornati a scuola. Un momento talvolta buffo, come quando all’ultima riunione erano presenti almeno cinquanta Chimbo e Chimbo-Chimbo. Provate a immaginarvi il momento dell’appello.
Finalmente può iniziare l’incontro. L’obiettivo di oggi è convincere i dirigenti di Laihua ad unirsi nel progetto di conservazione del Páramo , essendo il loro territorio l’ultimo tassello mancante del cosiddetto “corridoio ecologico alto di Simiatug”. Dopo la presentazione dei dirigenti prende la parola Edison, il quale come al solito cerca di esporre le sue argomentazioni con uno stile persuasivo ma intriso di passione. Nonostante siano quasi trent’anni che faccia questo lavoro, Edison crede ancora in quello che fa e lo dimostra con la voglia di un ragazzo giovane. Non bisogna essere degli scienziati blasonati per creare empatia con gli indigeni, spesso bisogna essere tremendamente semplici nella spiegazione di concetti tecnici.
Mi faccio persuadere anche io dal discorso di Edison, che a volte prende più le sembianze di una filippica, a tal punto da decidere di intervenire. Nel primo mese non avevo mai preso la parola, un po’ per timidezza, un po’ per la poca dimestichezza con lo spagnolo, un po’ per la mia ignoranza su alcuni temi fino ad allora a me sconosciuti. Nel mio discorso mi sono soffermato sull’importanza di andare oltre i confini della comunità, che il Páramo va inteso non nei limiti di proprietà ma nella sua interezza di ecosistema e che la Pacha Mama (la natura) ha le sue regole a cui noi dobbiamo sottostare e non viceversa. Concetti a prima vista semplici e forse scontati, ma che in queste situazioni possono fare la differenze più di ogni tecnicismo.
In questo momento è come se avessi scoperto la mia missione del servizio civile. Più delle mie conoscenze voglio far valere il mio spirito di iniziativa perché solo in questo modo posso aumentare la portata del mio contributo.
Da questo giorno, insieme a Valerio, è andata delineandosi l’idea di sviluppare un progetto turistico. Da questo giorno ho capito che devo sfruttare ogni singolo giorno di questa esperienza di servizio civile per poter ottenerne il massimo.
Dopo aver pranzato con un classico almuerzo (riso, carne e contorno di verdura), abbiamo percorso brevemente l’area intorno alla comunità per apprezzare alcuni esemplari monumentali di Quishuar, un albero nativo con cui si sta cercando di promuovere la riforestazione di alcune aree di Páramo.
Mentre alcuni uomini della comunità si svagavano un po’ giocando a ecuavolley (una variante della pallavolo tutta ecuadoriana), ci siamo congedati dalla comunità di “ribelli” senza aver corso alcun rischio e ci dirigiamo verso Laihua-Chiquisungo, un altro pueblo divisosi recentemente da Laihua e dichiaratosi comunità a sé stante. Anche qui era prevista una riunione, ma con non poca sorpresa ad attenderci non c’è nessuno. Incontriamo un uomo che con una specie di corno da battaglia chiama a raccolta i paesani. Ne arrivano circa una quindicina, non sufficienti. Ne risulta una riunione molto informale intorno alla nostra macchina. Partecipano alcuni uomini, delle donne, dei bambini, un cavallo e alcuni cani randagi. Riusciamo almeno ad ottenere un accordo verbale per ciò che riguarda il progetto.
Soddisfatti degli obiettivi raggiunti, io e Edison ci rimettiamo in strada per tornare a casa. Arrivati in prossimità di un bivio, Edison mi fa svoltare per una strada nuova che non avevo mai percorso. Incominciamo a salire sempre di più, la nebbia si fa sempre più fitta e perdo completamente l’orientamento.
Una volta giunti al passo si apre dinnanzi a noi la distesa immensa del Páramo, la nebbia è scomparsa e si può ammirare in tutta la sua purezza il fascino di questo ecosistema fragilissimo. Ad un certo punto Edison mi fa fermare per mostrarmi un luogo molto significativo. Con una mano mi indica una sorgente d’acqua dicendomi: “l’acqua che nasce qui, scende fino all’oceano Pacifico”. Poco più giù invece un’altra sorgente, molto piccola e striminzita. “Questa invece va a finire nel Rio delle Amazzoni e sfocia nell’Atlantico a più di 6.000 km da qui”.
Un pensierino di seguire l’acqua fino all’Atlantico devo dire che l’ho fatto ma penso che prima mi concentrerò sull’obiettivo del mio servizio civile. Il Páramo deve sopravvivere e deve essere salvato. Io nel mio piccolo voglio dare il mio contributo affinché in futuro di questa splendida soffice distesa di pajonales non rimangano soltanto le mie foto.