Rozalia
di Bianco Sara, volontaria servizio civile sede di Wanging'ombe
Rozalia compirà 23 anni il primo settembre. È una giovane donna, una giovane mamma di un bambino che si chiama Benedetto, che farà due anni a dicembre. Rozi è alta e slanciata, diversa da tante donne tanzaniane di questa zona perché lei ha origine Masai. Quando era bambina è stata adottata e cresciuta da una suora siciliana, che si è presa cura di lei, le ha insegnato un po’ di italiano e tanta cucina.
Rozalia è stata la nostra dada (“sorella”) sin dal nostro arrivo ad Ilunda a gennaio. Lei si occupava di cucinare per noi 22 volontari mentre noi studiavamo lo swahili mattino e pomeriggio. Lei non era solo la nostra cuoca però. Rozalia e Maria sono state le prime che con pazienza hanno accompagnato i nostri primi passi nella cultura tanzaniana. Ci hanno ascoltato quando il nostro swahili era fatto di una parola e di mille gesti. Ci hanno insegnato a pulire la mboga (“verdura”) tipica di qua. E, quando c’era bisogno ci hanno messi in riga. Hanno anche ballato e cantato con noi quando festeggiavamo un compleanno e abbiamo iniziato a conoscerci piano piano e poi profondamente.
Quando io e i miei quattro compagni di servizio civile ci siamo spostati nella sede di Wanging’ombe Rozalia è venuta con noi, stavolta affiancata da dada Lidia. Due donne così diverse ma entrambe meravigliose. Dada Lidia più grande, ma bassina, più riservata ma più esperta. Rozalia, giovane, caciarona e divertente. Dopo un periodo di assestamento nella nuova sede, che ha creato alcune tensioni tra di noi, il rapporto con le nostre dade e, per quanto mi riguarda, in particolare con Rozi è diventato essenziale per la mia permanenza qui. Dada Rozalia è diventata la prima persona che saluto al mattino quando mi alzo e lei è già in cucina con Benedetto per prepararlo prima di andare a scuola. Quella che trovo a prendermi in giro quando ogni giorno mi verso lo yogurt per fare una pausa. Quella che mi fa mille raccomandazioni riguardo al cibo, perché il mio intestino è fragile e “non posso mangiare fuori casa se no poi sto male”. È la ragazza a cui hai il coraggio di chiedere delle cose “scomode” della cultura tanzaniana, perché lei può capire le tue domande e non fraintenderle, perché ha un piede tanzaniano e uno italiano. Quella che ti dà consigli di stile per andare ad un matrimonio e quella che quando cucini ti lega il kanga in testa per non impuzzolentirti i capelli. Dada Rozi è quella che quando stai male e stai dormendo entra di prepotenza in camera urlando il tuo nome perché “deve controllare che tu non sia morta”, perché in Tanzania si fa così. Ci ha insegnato a fare i bracciali con le perline e alcune volte li abbiamo comprati da lei perché aveva bisogno di qualche soldo in più. Non posso pensare a lei senza pensare a Benedetto, il primo bambino tanzaniano che abbiamo conosciuto, coccolato e sicuramente viziato. Lo abbiamo visto crescere e camminare sempre meglio e ora gioca a calcio e inizia a parlare. A volte ci ha fatto arrabbiare con i suoi capricci e i suoi pianti anche di prima mattina, ma nulla vale il momento in cui lo andiamo a prendere a scuola e lui ci corre incontro urlando felice.
Ci sono un milione di altri momenti che vivono nella mia mente che vorrei trasformare in fotografie e incollarmi davanti agli occhi.
Il 31 agosto sarà l’ultimo giorno di Rozalia con noi, ha trovato un nuovo lavoro, ad Iringa, una grande città. Sicuramente è una buona scelta per lei e per Benny. Ma quando ce l’ha detto il mio cuore si è letteralmente spezzato. Lei per me è questo servizio civile, è la Tanzania e pensare di doverla salutare con 4 mesi di anticipo mi riempie gli occhi di lacrime. Anche lei sembra triste e ripete continuamente che le mancheremo.
Sarà strano entrare in cucina e non trovare qualcuno che conosce tutte le tue abitudini alimentari e non, con cui hai una confidenza tale da raccontarsi piccoli segreti e condividere stati d’animo. Non avere nessuno che ti dice “è meglio che torni ad Ilunda e ricominci a studiare”, quando ancora non hai imparato lo swahili come si dovrebbe, ma lei tanto ti capisce lo stesso… anche se parli italiano.
Ci mancherai Rozi, sei stata la nostra finestra sul mondo tanzaniano. Ci hai permesso di guardare fuori, rimanendo al sicuro. Non potremmo mai ringraziarti abbastanza.
Safari njema, tutaonana tena, mungu akipenda, Buon viaggio, ci vedremo di nuovo, se a Dio piace