La participación ciudadana: dall’antica Grecia all’Ecuador
di Giulia Orlandi
E’ una calda giornata di metà Aprile e comincio leggermente a sudare mentre intorno a me il Parque del Avión si affolla di giovani tra i 13 e i 24 anni. Ci troviamo nel quartiere Simon Bolivar, Cantone di Ibarra, nel nord dell’Ecuador. E’ qui che oggi, per iniziativa del Consiglio Cantonale di Ibarra per la Protezione dei Diritti Umani (CCPDH), si riuniscono i giovani del posto. L’obiettivo è quello di far conoscere l’ordinanza per l’Attenzione e Protezione di Bambini, Bambine e Adolescenti affinché i giovani siano a conoscenza dei suoi contenuti e possano proporre eventuali modifiche o aggiunte. Nei prossimi giorni, il testo finale dell’ordinanza verrà presentato al Consiglio Cantonale di Ibarra sperando nella sua adozione.
Riunire dei bambini e dei ragazzi perché approvino un testo legislativo da proporre al Cantone? E’ quasi impossibile reprimere lo scetticismo mentre intorno a me i più piccoli sgambettano in tutte le direzioni con le loro divise scolastiche, i ragazzi più grandi si isolano in piccoli gruppi ostentando disinteresse per quello che li circonda e coppie di bambine vanno in giro tenendosi per mano, rifiutandosi categoricamente di dividersi quando arriva il momento di formare i gruppi di lavoro. La domanda sorge spontanea: qual è l’utilità di tutto questo? Ha senso coinvolgere cittadini così in erba nelle decisioni riguardanti i loro diritti?
Si tratta di un modus operandi collaudato all’interno del CCPDH. Negli ultimi tre anni il Consiglio ha redatto sette ordinanze in tema di diritti umani, tutte formulate a partire dal dialogo iniziale con le comunità del cantone, modificate attraverso assemblee con la società civile e le organizzazioni non governative e approvate in una riunione finale con i diretti interessati prima di essere presentate al Consiglio Cantonale di Ibarra. Ciascuna ordinanza ha come oggetto uno dei “gruppi di attenzione prioritaria” in tema di protezione dei diritti umani: donne; bambini e adolescenti; anziani; migranti e richiedenti asilo; disabili; persone appartenenti alla comunità LGBT. Ognuno di questi gruppi è stato attivamente coinvolto nella formulazione dell’ordinanza che lo riguarda attraverso i Consigli Consultivi, che si istituiscono a livello delle comunità e rappresentano ciascun un gruppo prioritario. L’ordinanza contro la violenza di genere è stata ufficialmente approvata dal Cantone, le altre sei sono in fase di dibattito.
Il CCPDH è solo una delle istituzioni che operano a Ibarra in tema di diritti umani. La sua competenza specifica è quella di promuovere politiche pubbliche in tema di diritti umani. Oltre ai Consigli Consultivi, ad affiancarlo vi sono la Giunta per la Protezione dei Diritti Umani (responsabile per i provvedimenti amministrativi in caso di violazione dei diritti) e, a livello delle comunità, le Defensorías Comunitarias (organizzazioni comunitarie che hanno la responsabilità di denunciare eventuali violazioni o inottemperanze da parte delle autorità preposte a garantire il rispetto dei diritti nelle loro comunità). L’azione del CCPDH complementa a livello cantonale le direttive del Consiglio Nazionale per l’Uguaglianza che vigila sul rispetto delle norme sui diritti umane contenute nella Costituzione dell’Ecuador e negli altri strumenti legislativi a livello internazionale.
Come si evince, la struttura istituzionale per la protezione dei diritti umani in Ecuador è capillare e forse eccessivamente articolata, eppure è indice dell’importanza che il governo attribuisce a questo tema. A essere rivoluzionario, a mio parere, è lo sforzo di trasformare i titolari dei diritti umani da oggetti di protezione a soggetti attivi e responsabili. In Ecuador il riferimento alla participación ciudadana è onnipresente, ma non si riduce a una vuota formula elettorale e il tentativo di metterlo in pratica è particolarmente visibile nell’ambito dei diritti umani. Nel Codice Organico sull’Ordinamento Territoriale, le Autonomie e la Decentralizzazione si legge che i cittadini potranno partecipare con ruolo da protagonisti nella presa di decisioni dei Governi Autonomi Decentralizzati e che i gruppi di attenzione prioritaria avranno diritti specifici di partecipazione per quanto riguarda le decisioni che concernono i loro diritti (Art. 303).
Questo ci riporta ai bambini e adolescenti che affollano il Parque del Avión in questa calda giornata di metà Aprile. Sono loro il gruppo di attenzione prioritaria che oggi partecipa alla protezione dei propri diritti. Dopo una breve presentazione delle tappe che ha attraversato l’ordinanza prima di arrivare alla sua fase finale, i giovani partecipanti vengono divisi in cinque gruppi. I responsabili di ciascun gruppo sono affiancati da alcuni studenti universitari che aiutano a coordinare la lettura e discussione di tre/quattro articoli. Si procede per rotazione, di modo che i giovani familiarizzino con tutto gli articoli contenuti nell’ordinanza. L’esercizio si conclude con un pranzo offerto dal CCPDH, al termine del quale i giovani partecipanti sono liberi di andare. Nei prossimi giorni il testo verrà rivisto un’ultima volta in base ai commenti e alle osservazioni dei cinque gruppi, per effettuare eventuali aggiustamenti.
Mentre osservo i gruppi di lavoro, la mia mente mi riporta ai banchi del liceo e alle spiegazioni sulla democrazia diretta della polis greca, in cui i cittadini prendono direttamente le decisioni politiche, senza alcun intermediario. Una forma di governo impraticabile nelle società odierne, considerando il numero di individui che ne fanno parte. Oggi la forma di democrazia maggiormente praticata è quella rappresentativa, in cui i cittadini eleggono dei rappresentanti che sono espressione della loro volontà politica. L’effetto collaterale è l’allontanamento dei cittadini dalla vita politica attiva. Il concetto di participación ciudadana mi sembra costituire un ponte tra le due forme di democrazia. Fornisce ai cittadini un strumento per incidere sulla politica, circumnavigando il caos che si genererebbe se tutti avessero la possibilità di parlare. Tuttavia, può essere effettivamente messo in pratica solamente se i cittadini dispongono di un livello culturale elevato, di una sensibilità nei confronti dei propri simili, di una consapevolezza dei propri diritti e dei problemi della comunità.
Questa considerazione dissipa il mio scetticismo e risponde alla mia domanda iniziale: sì, ha perfettamente senso coinvolgere cittadini così in erba nelle decisioni riguardanti i loro diritti, è anzi del tutto necessario e ammirevole. E’ tramite iniziative come questa del CCPDH che si preparano i futuri cittadini alla vita politica. In un certo modo, il CCPDH di Ibarra svolge qualcosa di simile all’attività dei sofisti nell’antica Grecia. La convinzione che la virtù politica si fondi sul sapere e il tentativo di sviluppare la coscienza politica di ogni cittadino in modo che sia in grado di partecipare attivamente alle decisioni che lo riguardano e far rispettare i propri diritti.