Il giorno del telaio
di Camilla Berardi
È un venerdì mattina apparentemente come tanti, le abuelitas iniziano ad arrivare come sempre verso le 9, ma oggi sono molte di più: è il giorno del telaio.
Quando un paio di ore dopo si sono finalmente tutte radunate in cerchio sul prato di fronte al centro, quasi tutte contemporaneamente aprono i loro aguayos (la tela che si portano sempre sulle spalle dove mettono tutto, il venerdi solitamente lo usano per portare il cibo che mangeranno poi nell’ aphtapi, il pranzo comunitario) e iniziano a tirare fuori queste palline coloratissime composte da metri su metri di filo arrotolato.
Qui ha inizio la fase creativa, le abuelitas più esperte si raccolgono un po’ più vicine e con il modo di fare di chi sa esattamente cosa ha davanti, iniziano a mettere a confronto tutti i colori e gli abbinamenti possibili per poi effettuare una scelta dei gomitoli giusti da utilizzare: a occhi esterni tutto sembra casuale e senza motivazioni apparenti, ma avvicinandosi a guardare si può notare come in realtà seguano un disegno ben prefissato, seppur senza praticamente mai osservarlo.
Presi da tutti questi colori e passaggi di gomitoli, all’inizio non si nota che manca la struttura vera e propria del telaio, fino a quando un’abuelita non si alza e tira fuori due bastoni molto lunghi e quattro di quelli che sembrano enormi chiodi, e con la forza di chi lavora da sempre la terra, con una semplice pietra e pochi colpi, pianta questi chiodi nel terreno sempre sotto supervisione di un’altra di loro , che poi controlla per bene che sia stato fatto un buon lavoro.
Adesso il cerchio si sposta attorno a questa nuova struttura: aiutandosi fissano i bastoni legandoli ai chiodi a due a due e, dopo un’ultima attenta occhiata ai colori per metterli nel giusto ordine, inizia un divertente passaggio di gomitoli tra due abuelitas poste una di fronte all’altra e rispettivamente davanti alle due basi.
In un arco di tempo brevissimo, intervallato solo da qualche intervento in Aymara in cui altre di loro consigliano di utilizzare un filo rispetto ad un altro, si va a creare una base strettamente intrecciata e dove in seguito si andrà a formare il disegno di questo nuovo aguayo.
Il lavoro procede, la più brava di loro si occupa di intrecciare tutti i fili con l’aiuto di un vecchio osso appuntito che ha il compito di tenere il più possibile tesa questa tela che si sta andando a formare.
Entro l’una, quando giunge il momento di fermarsi per fare finalmente l’aphtapi, questo telaio vede l’opera che stanno creando già a metà della sua realizzazione e ci si ferma con la promessa di terminarla la settimana successiva.
Il venerdì dopo però, l’abuelita che si era presa in carico la tela, torna con il lavoro già terminato: per lei è un lavoro da niente, facile e veloce, chissà quanti anni di esperienza ha alle spalle.
Vedendo in noi la delusione per non aver visto terminarsi l’opera, ci lascia con la promessa di insegnare anche a noi ad usare il telaio.