Coca, tradizione millenaria o droga narcotica?
di Francesco Cama
È un giorno come un altro qui a Huatajata e come mi capita spesso, nei momenti di calma al centro, scorro le notizie del quotidiano della Calabria, forse per accusar meno la lontananza o forse perché chiuso nella dimensione di questo paese andino sento di non essere molto a contatto con ciò che succede a casa mia e nel mondo.
Faccio questa premessa perché proprio oggi mi sono imbattuto in un articolo curioso che qualche anno fa probabilmente, non avrei degnato di lettura e che invece oggi mi ha colpito e fatto un po’ sorridere: Lamezia Terme – “Denunciato cittadino boliviano trovato in possesso di foglie di Coca”.
Leggendo un titolo del genere molti storcerebbero il naso e appoggerebbero fermamente le forze dell’ordine per aver fermato questo individuo in possesso di tale sostanza proibita e illegale; eppure, dopo 8 mesi passati qui in Bolivia, non solo capisco quel cittadino boliviano, ma posso affermare che io stesso avrei ignorato la legge nazionale se questa mi avesse privato e proibito la pratica delle mie tradizioni più profonde.
Un fatto del genere qui, sarebbe tanto ridicolo come leggere in Italia: “denunciato cittadino italiano trovato in possesso di foglie di basilico”!
So che bisognerebbe contestualizzare gli eventi e tener conto che la Coca (la droga e assurdamente anche la pianta) è stata dichiarata “droga narcotica” nel 1961 dall’ONU; ma bisognerebbe anche passare un periodo qui nelle Ande e immergersi nella cultura di questa pianta millenaria, per poter comprendere l’attaccamento di quel cittadino boliviano a questa usanza e il suo voler rischiare la galera portandola in Europa.
La prima volta che vidi e provai le foglie di Coca fu al mio arrivo a La Paz; qui a 4000 metri sopra il livello del mare è prassi dare ai turisti e agli stranieri in generale l’infuso di Coca, per alleviare la pressione e lo stordimento provocati dall’altitudine.
Pian piano imparai che oltre a questo semplice metodo di assunzione, esiste un mondo e popolazioni intere che girano intorno alla Coca; parlando con la gente, andando nei mercati, celebrando il carnevale o iniziando un nuovo lavoro, è evidente che la Coca è l’anima della Bolivia!
Fu David Choquehuanca (ex ministro degli affari esteri, nonché indigeno Aymara originario e tradizionalista) il primo che mi mostrò come masticare le foglie di Coca e mi spiegò l’importanza di questa pianta nella cultura boliviana.
“Mascar! Pijcear! Bolear! Akullico!” Tutti sinonimi di questo affascinante gesto di infilarsi le foglie tra i denti e la gengiva al lato della bocca e lì, dopo aver formato una palla o “bolo”, lasciarle riposare senza masticarle né muoverle, succhiandone semplicemente il succo che ne deriva.
La sensazione in bocca è di un forte sapore amaro, infatti molti boliviani utilizzano dei pezzetti di cenere a base di erbe aromatiche o menta pressate in una specie di pietra (chiamata “legia”) sia per migliorare il sapore, sia per meglio estrarre il succo e quindi il principio attivo delle foglie.
L’effetto principale che si ottiene masticando la Coca è l’attenuamento della sensazione di fame, di stanchezza fisica o sonnolenza, ovviamente niente di più lontano dalla “botta” che potrebbe dare l’assunzione della cocaina, dove il principio attivo delle foglie è sintetizzato con prodotti chimici e iper-esaltato.
David mi parlò anche di un biologo giapponese che si trasferì in queste zone per curarsi da vari mali che lo avevano afflitto (tra cui il cancro e diabete), tal Kunihiro Seji; egli si sottopose a trattamenti relazionati con la bassa pressione atmosferica presente nell’altipiano e con l’uso delle foglie di Coca.
Leggendo i libri di questo biologo giapponese (in particolare, “Coca: un biobanco – Investigación cientifica sobre alimentación, curación y regeneración”) imparai tantissimo sulla storia, l’utilizzo e le proprietà benefiche della Coca.
Essendo legale la coltivazione, in paesi come Perù e Bolivia, le foglie vengono adoperate in centinaia di modi diversi, in cibi e bevande come cioccolato, vino, pasta, liquori, caramelle, gassose, ecc.; in prodotti per l’igiene come shampoo, creme e saponi; fanno persino il “bagno in acqua di Coca”, dove l’assimilazione del principio attivo tramite la pelle porta benefici come incrementare il metabolismo e migliorare il sistema immunologico.
Scoprì che i benefici delle foglie sono innumerevoli: apportano calcio, fosforo, ferro e varie vitamine, stimolano il consumo di ossigeno, prevengono le carie e la gengivite, prevengono infarti, Parkinson e cancro, combattono l’obesità, i disturbi del sonno e la demenza senile.
Scoprì anche che la coltivazione della pianta di Coca col fine della masticazione, appartiene culturalmente e tradizionalmente solo alla Bolivia e al Perù, mentre in altri paesi grandi produttori come la Colombia, è finalizzata in gran parte alla produzione di cocaina.
L’atto di mettere le foglie in bocca formando il bolo è antichissimo, vi sono centinaia di reperti di 4500 anni fa di volti inca scolpiti nella pietra raffigurati con una palla nella guancia destra, proprio a indicare che già allora masticare Coca era uso comune; si potrebbe dire che in Sud America si utilizzò e si utilizza tuttora la Coca allo stesso modo come gli europei o gli asiatici utilizzano il caffè o il tè.
La Coca però è considerata qualcosa in più di semplice alimento, dai tempi pre-inca è ritenuta una pianta sacra, viene offerta agli Dei come l’Inti (Dio Sole) e la Pacha Mama (Madre Terra) ed è imprescindibile nelle cerimonie e nelle predizioni, questo avviene tutt’oggi.
In tutti i mercati dei paesini e delle città boliviane fin ora visitate, ci son sempre uno o due banchi di “cholitas” che vendono foglie di Coca; in molti ci sono anche le veggenti e gli stregoni che predicono e leggono il futuro alla gente basandosi sul verso, sulla forma e sulle pieghe delle foglie di Coca.
Capire il senso e i rituali praticati durante queste cerimonie non è impresa facile, sia perché chi sa leggere le foglie di solito non si perde in chiacchiere (soprattutto con “gringos”), sia perché le foglie rivelano una varietà di predizioni e presagi infinita: c’è la foglia per la persona sana, la persona che ha il cuore ferito, la persona incinta e quella in pericolo di aborto, la persona che parla troppo, la foglia che ti dice che sarà difficile trovare i soldi e così via.
Ma non sono solo gli stregoni che le utilizzano per fare predizioni, anche la gente comune prima di iniziare a fare qualsiasi attività importante (che sia l’inizio di un nuovo lavoro o l’acquisto di un nuovo motore, l’avvio di una festa o la celebrazione di un matrimonio), mette un pugno di foglie dentro un bicchiere pieno di una qualsiasi bevanda e getta il tutto a terra: se la maggior parte delle foglie sono rivolte dal lato frontale è un buon auspicio e tutto andrà bene, se invece la maggior parte delle foglie mostrano il retro potrebbe accadere qualcosa di male.
La Coca qui è alla base dei rapporti sociali, la persona o l’autorità che organizza una festa o indice una riunione, è tenuto prima di tutto ad accogliere i suoi ospiti e partecipanti con un telo (aguayo) steso a terra con sopra una montagna di foglie di Coca, sigarette e qualche bevanda, in modo che tutti all’arrivo possano attingere da questo “buffet” di benvenuto.
Qui in realtà quasi nessuno fuma e a qualcuno masticare la Coca neanche piace, ma lo fanno ugualmente per non rifiutare un invito e questo mi fa sorridere, penso che l’equivalente dalle mie parti sia prendere l’ottavo caffè della giornata perché è letteralmente un’offesa rifiutare “il caffè pagato”.
Si potrebbe continuare a lungo sottolineando le differenze culturali e sociali che separano la tradizione delle foglie di Coca dalla loro droga derivata, la cocaina, ma nel timore di annoiare vi lascio con un breve reportage della mia esperienza con questa incredibile pianta.