Acqua, api e ospitalità
di Laura Tresso, SCU Ecuador 2022
Questa settimana altro giretto di tre giorni nel cantón Puyango: dovevamo andare a parlare con varie persone per la conservazione e l’accesso alle fonti di acqua potabile. In queste comunità sperdute e minuscole l’acqua, potabile e di irrigazione, arriva da alcune fonti nei dintorni, e i terreni su cui si trovano appartengono a diversi proprietari che però ovviamente non costituiscono che la minima parte dei fruitori dell’acqua. Il timore è quindi che un giorno questi proprietari, sull’onda della privatizzazione che si sta sviluppando in tutto il paese, impediscano agli altri di avere accesso all’acqua.
Il Fepp ha quindi organizzato tutte le comunità e i beneficiari in associazioni, con presidente, segretario, ecc. in modo che nel momento in cui si dovesse verificare qualche problema abbiano l’autorità per farsi valere e non siano solo singoli contadini lasciati a loro stessi. Queste associazioni si occupano anche del mantenimento delle fonti, con la pulizia, la cura dell’ambiente circostante (anche piantando alberi che delimitino la fonte) e l’allacciamento dei tubi per l’acqua corrente. Anche qui c’è il timore che a causa del cambiamento climatico le fonti si secchino e si monitora quindi la situazione. Non sono zone secche, anzi, però comunque l’acqua potabile non è sempre facile da raggiungere. Fino a pochissimi anni fa la maggior parte dei contadini non aveva l’acqua corrente in casa. In queste zone rurali, per esempio, è ancora assente totalmente un servizio di raccolta rifiuti e questo fa sì che nelle case di alcune persone si vedano cortili con l’immondizia ovunque.
In questi giorni abbiamo parlato con tutti i presidenti delle varie associazioni per pianificare i lavori da fare per le fonti: questo significa che ogni giorno visitavamo tre o quattro case e in ognuna si sentivano obbligati a offrirci del cibo. A volte uno spuntino, ma più spesso, quando capitavamo in orario di pranzo o cena proprio un pasto completo. Questi per me sono momenti a volte imbarazzanti perché il cibo non si può rifiutare (e spesso è troppo, anche perché magari abbiamo appena mangiato da un’altra parte) ma soprattutto perché non mangiamo insieme a chi ci offre il cibo e agli altri abitanti della casa, ma siamo sempre solo noi, al massimo con il capo famiglia, che mangiamo mentre le donne che lo hanno preparato e gli altri ci guardano mangiare seduti un po’ in disparte. Inoltre, spesso il cibo è cucinato sul fuoco di legna, il che richiede tempo e quindi finisce che le donne (questo sempre, non solo per causa nostra) impieghino gran parte del tempo cucinando. L’unica volta in cui mi sono sentita un po’ più meritevole di questo cibo è stato il pranzo dopo che avevamo passato la mattina a spalare e costruire muretti di fango per la loro peschiera: in questo caso mentre noi lavoravamo le donne della famiglia hanno preparato il pranzo cucinando un galletto che fino a quella mattina razzolava allegro per la finca. Per fortuna io ero occupata con il fango e non ho assistito alla sua cattura e macellazione. Il cibo offerto dalle famiglie e dei ristoranti che costano poco è sempre lo stesso: riso bollito (tanto) accompagnato da fagioli, yucca, banane fritte e qualche insalatina con sopra della carne. Nei ristoranti quando devi ordinare ti elencano i tipi di carne che hanno quel giorno, normalmente stufato di pollo, maiale, capra o tilapia (l’unico pesce di qui). Il resto non si sceglie ed è dato per scontato e viene servito con una bevanda super zuccherata (una specie di tisana, caffè, acqua di cocco, tamarindo o acqua aromatizzata con succo di frutta, mai acqua da sola, questa proprio non si beve). Di norma queste sono le uniche cose, a colazione se si è fortunati si può optare per la colazione continentale al posto dell’arrosto però se lo fai comunque ti guardano un po’ male, a pranzo a volte prima del piatto c’è una zuppa con scarti di carne (zampe di gallina, ossa di maiale coperte di grasso, ecc). Chiedere qualsiasi variazione ai piatti, ad esempio una quantità minore di riso o il caffè non zuccherato spesso non sortisce alcun effetto: il cameriere sorride e annuisce ma poi quando arriva il piatto è esattamente uguale agli altri. Ovviamente nelle famiglie non vi è tutta questa scelta di carne e spesso mangiano solo pollo o tilapia.
In realtà io penso che poi nelle case povere non si mangi carne a tutti i pasti ma evidentemente nei ristoranti o in generale quando se ne ha la possibilità si mangia.
Sabato sono andata a insegnare un po’ di basi di social network ai produttori di miele dell’Amazzonia: abbiamo creato insieme la pagina facebook per promuovere i loro prodotti e scattato qualche foto carina. Dovevano scegliere un nome per la loro “marca” e uno di loro, un indigeno Schuar, ha proposto “Napajea” che significa casa delle api in lingua Schuar. Qui gli indigeni, sebbene magari ora molti di loro non abitino più nella foresta nelle capanne (qualcuno sì) ma stiano nei villaggi e facciano lavori “normali”, hanno ancora una forte identità e appunto parlano la loro lingua.
Laura Tresso, operatrice volontaria presso la sede di Gondwana FEPP Loja 2022