Bisogna essere capaci di sognare. Pepe Mujica, il Presidente umile
Testo di Giulia Piccirilli
Traduzione dell'incontro di Lucia Santangelo
Un modello di lotta, audacia e umiltà. È questo José Alberto Mujica Cordano, l’ex Presidente uruguayano che ha fatto della sobrietà il proprio stile di vita e di governo, e che ancora oggi è fonte d’ispirazione per molte realtà che si impegnano in politica o nel sociale.
Conosciuto pubblicamente come Pepe Mujica, è stato uno dei Presidenti più noti e ammirati al mondo. Il motivo? Aver donato il 90% del proprio stipendio alle persone più bisognose, oltre a rinunciare alla residenza presidenziale ed alla scorta. Eletto Presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015, ha vissuto per tutta la durata del suo mandato con uno stipendio di soli 485 dollari al mese, abitando in una fattoria dove coltiva fiori assieme alla moglie Lucía Topolansky (vicepresidente del Paese dal 2017) e al suo cane.
La sua parola d’ordine è sobrietà. E, di conseguenza, felicità.
Sono trascorsi due anni dalla sua visita a Grottaferrata nella splendida cornice della cooperativa Agricoltura Capodarco, e il Presidente umile continua a rappresentare un esempio straordinario, quasi unico al mondo, di che cosa significa la politica quando viene svolta al servizio degli altri.
Affascina la semplicità e la naturalezza con cui è in grado di parlare a chiunque grazie ad un linguaggio semplice ma profondo, ricco di immagini, metafore, allusioni. Il tutto accompagnato da una singolare capacità di lettura del presente ed una spiccata lungimiranza.
Con un tam tam discreto ed efficace Gianni Tarquini e Carlo De Angelis invitano in una sera di agosto un centinaio di persone a dialogare con l’ospite di eccezione, Pepe Mujica.
Nonostante l’età e le conseguenze dei 14 anni di carcere duro, fa inserire con determinazione una tappa nel tour che lo sta portando in diverse città italiane e accetta l’invito ad incontrare i soci delle cooperative e delle associazioni a Grottaferrata.
All’evento hanno partecipato CNCA, CESC Project, Gondwana e Comunità Solidali nel Mondo.
Fa un giro della cooperativa, vuole conoscere da vicino le attività e assaggia il vino che i soci della cooperativa gli offrono. Poi si siede al tavolo davanti a cento volti che lo attendono.
Basta che inizi a parlare che tutti si rendono conto di quanto il cuore da lottatore che lo ha da sempre contraddistinto sia lì, lucido più che mai, appassionato e capace come pochi di leggere la realtà mondiale e riproporre con determinazione l’urgenza dell’impegno nella politica e nel sociale.
È l’urgenza del cambiamento per costruire una nuova cultura contro quella dominante, adottando il criterio della sobrietà, del rispetto per la Natura, dello spendere il tempo per le relazioni e non per i consumi, del “fare per gli altri” a cui tutti siamo chiamati, nessuno escluso.
Ai giovani con particolare interesse e affetto guarda Pepe: i suoi occhi brillano quando li sprona a non arrendersi di fronte alla possibilità di cambiare il mondo.
Perché gli unici sconfitti in questo mondo sono quelli che smettono di lottare e sognare.
“La mia idea di felicità è soprattutto anticonsumistica. Hanno voluto convincerci che le cose non durano e ci spingono a cambiare ogni cosa il prima possibile. Sembra che siamo nati solo per consumare e, se non possiamo più farlo, soffriamo la povertà. Ma nella vita è più importante il tempo che possiamo dedicare a ciò che ci piace, ai nostri affetti e alla nostra libertà. E non quello in cui siamo costretti a guadagnare sempre di più per consumare sempre di più. Non faccio nessuna apologia della povertà, ma soltanto della sobrietà.”
Video dell'intervento del Presidente Pepe Mujica in visita alla Cooperativa Agricoltura Capodarco
Video promosso da CNCA Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza Federazione Lazio
Di seguito è riportato l’intervento integrale del Presidente Pepe Mujica in visita alla Cooperativa Agricoltura Capodarco con lo straordinario potere evocativo delle sue parole, tanto attuali quanto capaci di guidare con determinazione verso un futuro migliore.
È partendo dalla conservazione di quello che abbiamo raggiunto che dobbiamo continuare a lottare.
La capacità di sognare e il ruolo determinante della cultura
Bisogna essere sempre capaci di sognare, soprattutto pensare che è possibile dare il proprio contributo per un mondo migliore.
Iniziai a militare e ad imparare, con molti altri, quando ero giovane ed abbiamo perseverato fino ad oggi.
Ma erano tempi diversi, credevamo di poter cambiare la società o tutto quello che accadeva nel mondo. Credevamo, ingenuamente, che cambiando le relazioni di produzione e di distribuzione avremmo avuto un mondo più giusto. Non ci rendevamo conto del ruolo fondamentale della cultura.
Un sistema sociale non è solo proprietà, un sistema è un insieme di valori interconnessi nella società e che sono determinanti.
Si possono cambiare quanto vogliamo i sistemi di proprietà e di distribuzione ma se non cambiamo la nostra mentalità non cambia nulla. La cultura è fatta dai valori che noi applichiamo nella vita quotidiana, questo fa parte della costruzione di una società migliore.
Nell’immaginario mondiale José Mujica è l’uomo della sobrietà e della rivoluzione felice. Ma la sua vita racconta molto di più. Questa biografia, l’unica in italiano, narra di una gioventù trascorsa in un paese, l’Uruguay, attraversato da grandi fermenti politici, della sua adesione alla lotta armata nel Movimento di Liberazione Nazionale – Tupamaros, dei lunghi anni passati in carcere, ostaggio della dittatura. Descrive il suo attaccamento alla terra, la sua storia d’amore con Lucía Topolansky, anche lei ex guerrigliera, il loro proposito di vivere in campagna. E infine la grande passione per la politica che lo ha portato a essere eletto presidente dell’Uruguay e a essere conosciuto in tutto il pianeta. “L’ultimo eroe” della nostra epoca, come lo ha definito il regista Emir Kusturica.
Vivere in sobrietà per avere più tempo per sé
Nella nostra storia ci è costato molto imparare questa verità tanto semplice.
Oggi girando il mondo dico ai giovani, alle nuove generazioni di non arrendersi e che sì, è vero, è difficile cambiare il mondo: ma possiamo cambiare la nostra vita, il nostro modo di vivere.
Con questo voglio dire che viviamo sottoposti ad una pressione continua e potente per essere, in ogni momento, compratori compulsivi.
Quando compriamo non lo facciamo con i soldi ma con il tempo della nostra vita che sciupiamo per avere i soldi.
Che cos’è la libertà personale? E’ il tempo della mia vita che utilizzo per le cose che mi motivano, e mi danno piacere.
Quando sono obbligato ad utilizzare il tempo della mia vita per soddisfare necessità, non sono libero, sono sottomesso alle necessità e quindi se moltiplico i bisogni finisco pagando con il tempo della mia unica vita o di altre vite che lavorano per me, cosa ancora peggiore.
“Quando compriamo non lo facciamo con i soldi ma con il tempo della nostra vita che sciupiamo per avere i soldi.”.
Non lasciarsi vincere dal mercato
È in atto una battaglia culturale per non lasciarsi vincere dal mercato.
Bisogna avere tempo per gli affetti: tempo libero per le relazioni umane, per i figli, per gli amici, perché alla fine sono tutto ciò che ci resta.
Ciò che appare chiaro è che nella nostra società tutto è stato costruito per fare affari, speculare, vendere e comprare. Se viviamo comprando dobbiamo avere soldi, fare credito e lavorare ancora di più per pagare i debiti. In questo intreccio la vita ci scappa via.
Si potrebbe pensare “Si, però questo è ciò che spinge il progresso”. Questa è la cosa più grave e che ci spinge verso l’abisso: se l’economia cresce all’infinito il mondo non resisterà.
Perché? Perché siamo 7 miliardi e mezzo e tra poco diventeremo 9 miliardi. L’economia è cresciuta dal 1950 ad oggi 50 volte, se continua così dovrebbe crescere nei prossimi 50 anni di ben 200 volte! Per essere chiaro e semplice: stiamo costruendo una gigantesca padella per friggerci tutti dentro.
Trenta anni fa gli scienziati ci raccontavano quello che accadeva, le cause, e ciò che avremmo dovuto fare per frenare questo, ma disgraziatamente non è stato possibile far fronte agli interessi che muovono il mondo.
Il rispetto della natura e il pericolo dell’olocausto ecologico
Oggi non mi resta che fare i miei complimenti ai contadini, a coloro che lavorano la terra, a tutti quelli che non impazziscono, che non desiderano avere una casa a Miami, o avere una Ferrari, alla gente comune, ai veri cittadini.
E vorrei che i giovani si preoccupassero per quello che sta accadendo nel mondo alla Natura. Se i ghiacciai dell’Antartide e lo strato di gelo siberiano continuano a sciogliersi e l’altopiano del Tibet continua a perdere acqua, si può creare una fuga di gas di anidride carbonica e metano che diventerebbe irreversibile.
Non lo dico io, lo dice la scienza contemporanea; eppure gente potente dice che non sta accadendo niente!
La mia generazione ha vissuto il pericolo della guerra atomica, i giovani vivranno con il pericolo dell’olocausto ecologico: innalzamento del livello del mare, sparizione di città, cambiamenti climatici. E questo solo tra 50 anni!
La preoccupazione per quelli che verranno dopo di noi
Bisogna imporre una mentalità contadina di cura dell’acqua, della natura: rendersi conto che quello che ci stiamo giocando è la vita.
Per questo sono qui. Quando si diventa vecchi ci si avvicina alla morte e il modo per continuare a vivere è preoccuparsi per quelli che verranno dopo di noi.
Quindi fate tutto il possibile, prima per tutti quelli che soffrono in questo mondo, e poi per il mondo che verrà. Siamo sul ponte di una nave che ha bisogno di essere calafatato e i governi non capiscono o non vogliono capire: si preoccupano di chi vincerà le prossime elezioni e sono corresponsabili di questa crisi ecologica, a causa della loro irresponsabilità politica.
La crisi ecologica è conseguenza della mancanza di responsabilità politica.
Mai, mai l’uomo ha avuto tanto come oggi: mai ha avuto gli strumenti a disposizione come oggi, mai il potere dei nostri giorni!
Tuttavia non lo utilizziamo per correggere i disastri che abbiamo causato all’ambiente. E’ come se fossimo ciechi. Discutete e diffondete più che potete questi argomenti. Informatevi, le informazioni ci sono.
L’esperienza cooperativa: una virtuosa forma umana di organizzare il lavoro
Mi preoccupa molto l’Italia per i suoi antichi semi cooperativistici che oggi sono dispersi: siete un Paese con problemi, ma con tante piccole imprese e tantissime comunità che fanno cultura.
Oggi sembra che tutto debba essere gigantesco, che tutto debba avere la forma di corporation, che tutto deve essere in inglese…
Io credo che non sia così e anzi dobbiamo sapere che se oggi l’economia delle multinazionali è quella che cresce di più, chi è più in difficoltà è la classe media.
Nel mondo sviluppato la classe media cresce ogni anno al massimo dell’1 – 2 % mentre le multinazionali del 18 – 20%.
Nella mia America latina ci sono 300 persone che possiedono quanto 300 milioni di abitanti. Ma questa non è ancora la cosa più grave: il peggio è che il loro patrimonio cresce del 22-24% all’anno.
Tanta disuguaglianza ci fa male, ci danneggia.
Il mondo cooperativo deve mitigare questa disgrazia permettendo a molta gente che ha poco o niente di poter sopravvivere grazie allo sforzo cooperativo.
In Spagna ci sono cooperative che sono state capaci di resistere al dittatore Franco e qui ci sono cooperative che sono sopravvissute all’Unione sovietica. Questo vuol dire che si tratta di una forma umana di organizzare il lavoro che ha una sua vigenza storica.
Per questo ho molto di cui ringraziarvi e da cui imparare. I vecchi emigranti portarono i semi del cooperativismo in America.
Mio nonno fondò ben 7 cooperative. Però con gli anni abbiamo abbandonato gli insegnamenti dei nostri nonni.
Oggi stiamo cercando di recuperare queste radici perché abbiamo le grandi imprese internazionali che la fanno da padrone in tutto. L’impresa privata più grande del mio piccolo paese è un’impresa lattea cooperativa, si chiama Conaprole ed esporta nel mondo. È l’esempio che il cooperativismo può fare grandi cose.
Mi sono accadute tante cose nella vita, ma quando uno cerca di cambiare il mondo è audace.
L’uomo tra interdipendenza ed egoismo biologico
Aristotele, 350 anni prima di Cristo, diceva che “l’uomo è un animale politico”, ed aveva ragione.
L’uomo è un animale gregario, non può vivere in solitudine come i felini.
Ha bisogno del gruppo, ha bisogno della famiglia. Questa è la sua forza: imparare a cooperare con il resto della società. Per questo ha potuto superare l’uomo di Neanderthal, un parente più forte ma più solitario.
Così l’uomo è riuscito a coprire e popolare tutta la Terra, grazie al senso sociale della cooperazione.
Però se siamo vari individui nella società, si creano i problemi. Perché siamo anche “individui”: abbiamo interessi, temperamenti, vanità…
Deve esserci la società ma per gestire le contraddizioni della società c’è bisogno della politica. Per questo l’uomo è un animale politico.
La società è così importante che non ce ne rendiamo conto: se ad uno di noi viene un attacco cardiaco, non abbiamo bisogno di un cooperativista… ma di un cardiologo! E chi ce lo dà? La società. Se si rompe l’automobile, chi ce lo dà il meccanico? La società. E le scarpe? E il cellulare?
Non si può vivere senza l’interdipendenza. È la società che ha permesso di sviluppare quello che si chiama “civiltà”, che è l’eredità più grande che riceviamo quando nasciamo.
Ora il ruolo della politica è essenziale per una necessità intrinseca della società: i salari, la ridistribuzione delle risorse, la salute, l’educazione, le strade, il lavoro, i diritti… tutto è determinato da quello che fa o non fa la politica.
Ma al tempo stesso siamo esseri viventi e ogni essere vivente possiede una goccia di egoismo.
Per sopravvivere dobbiamo lottare e, anche se sappiamo che moriremo, lottiamo per vivere. Questo egoismo biologico è sano, è uno strumento biologico che ci serve per difendere la vita e procrearla.
Combattiamo la morte procreando e prendendoci cura dei nostri figli sapendo che alla fine perderemo.
Questo vuol dire che, da un lato, abbiamo bisogno di cooperare, abbiamo bisogno di mantenere la società e contemporaneamente dobbiamo conciliare questo egoismo naturale.
Se a dominare è l’egoismo poveri noi! Quando domina l’egoismo, il lupo è lupo per l’altro uomo.
La lotta politica e l’impegno sociale: fare qualcosa per gli altri è fare qualcosa per noi stessi
Uno è preda della propria vita perché nella società ci sono sempre delle differenze, ci saranno mancanze, ferite, ci saranno sempre posti che non funzionano, ci saranno sempre errori o mancanze umane, perché nasciamo in situazioni diverse.
A volte proviamo tenerezza per un cane affamato o per un gatto. Non varrebbe la pena provare un po’ di tenerezza per gli esseri umani che si trovano in difficoltà al margine della strada cominciando dagli anziani e dai bambini svantaggiati?
Credo che esista una parte della nostra esistenza che, per quanto poveri possiamo essere, ci permetta di fare qualcosa – anche se poco – per gli altri.
Quello che prima il compagno chiamava atteggiamento, non è per gli altri ma per noi, per la nostra dignità di esseri umani. Quando cerchiamo di aiutare qualcuno stiamo valorizzando ciò che di meglio abbiamo dentro e frenando al tempo stesso l’animale egoista che coesiste dentro di noi.
È difficile conoscere se stessi. Per questo il lavoro sociale è una forma di espressione di fare politica: perché ha come obiettivo la convivenza della polis, ovvero mitigare i disagi di fasce della popolazione.
C’è gente che pensa che questo è fare beneficenza o avere compassione: ma è una forma di egoismo, un modo per sviare e non fare niente, per non impegnarsi.
Io credo che la lotta politica deve essere intrisa di impegno sociale.
Non si può dire “Sì, un giorno cambieremo il mondo!” “I problemi si risolveranno!”…
E intanto che aspettiamo un mondo migliore che succede in questo? No, sono due facce della stessa lotta: la lotta politica si rafforza con lo sforzo delle organizzazioni sociali e viceversa.
Quando ero giovane non la pensavo così: ero molto più schematico. Però non si può restare neutrali di fronte al dovere di provare a mitigare perlomeno parte delle ingiustizie che ci circondano.
Perché in fondo non è per gli altri, ma per noi stessi.
Le recinzioni e lo scambio dei saperi
Io guardo le recinzioni in Europa.
Conosco una persona in Germania che viene dalla campagna: una persona gli ha chiesto di costruire un recinto. I vicini lo hanno visto e gli hanno iniziato a chiedere di farne altri. Oggi è diventato ricco. Perché gli europei si sono abituati ad avere le recinzioni già fatte ma non sanno più costruire un recinto che possa contenere un animale da 5 quintali e magari farlo rimbalzare.
A Madrid ho incontrato un gruppo di tosatori di pecore, uruguayani, che vengono a tosare le pecore in Spagna con il sistema Tally-Hi, senza legarle. Un tipo di tosatura che hanno inventato gli australiani.
Ci sono cose che si possono imparare lì e qui. Bisogna scambiare i saperi.
Non sappiamo mai tutto. A volte dobbiamo imparare dalle persone molto umili. Per esempio, il tetto più costoso che ora si vende nel mio Paese – per i turisti che hanno soldi – è fatto di paglia! Perché è diverso, ecologico, e tutto il resto. Però fare una buona “quincha” di paglia non è facile… Ci sono conoscenza da intercambiare!
Vi ringrazio tanto, di cuore. cerchiamo di mantenere una relazione forte con i nostri amici dell’Uruguay che fanno cose più o meno simili.